“Classic Rock… Today!” di Paolo Tolu. Puntata #9. Le proposte recenti in arrivo dalle multiformi contaminazioni del rock: hard e prog, psyco e garage, blues e folk… Turn it up!!! Su Spotify

Benvenuti nel Tolu’s Corner. Questa è la mia playlist del mese di febbraio 2022.

Tutti i riflettori del rock alternativo sono puntati su The Smile, progetto erede del lockdown e forte della costola creativa dei Radiohead, avendo in organico il loro cantante, il chitarrista e il produttore (oltre al batterista dei Sons of Kemet). Per ora si sono fatti vivi con qualche concerto e in estate arriveranno in tour in Italia. Si è in attesa del primo album, ormai pronto, che si annuncia come un mosaico variegato: i primi due singoli usciti in gennaio non sono uniformi: il secondo è più morbido e sofisticato, il primo, che qui ascoltiamo, è graffiante, quasi punk, e i fans italiani sono in grado di riconoscerne la dedica simbolica, grazie a quel “bunga bunga” citato nel testo. The Smile – The Smoke (2022)

Hanno il nome quasi uguale, ma di riflettori su di loro ce ne sono ben pochi: parlo dei torinesi Smile, inseriti in questo punto della scaletta quasi per scherzo. In realtà loro fanno sul serio: due anni fa avevano promosso un album tributo di band torinesi all’artista underground Daniel Johnston, l’anno scorso sono arrivati al primo album, otto brani brevi e diretti per il totale di una mezzoretta di musica. Irrinunciabile punto di riferimento i R.E.M., quelli più grezzi della prima ora, forse anche prima. Smile – From Here on (2021)

I canadesi Tea Party non sono gli ultimi arrivati. Con una miscela di hard rock, blues, psichedelia e sonorità mediorientali (antica ricetta zeppeliana), negli anni ’90 hanno vissuto il loro momento commerciale migliore, vendendo oltre 1 milione e mezzo di copie tra la madrepatria e l’Australia. Dopo lo scioglimento sono tornati insieme nel 2011, con tempi però molto più dilatati. Non banali le scelte delle cover nell’ultimo album (Led Zeppelin, Morrissey, Joy Division). The Tea Party – Sunshower (2021)

La newyorkese Lana Del Rey da una decina di anni è un’artista da top 10 in tutto il mondo, anche se ultimamente per lei è diventato più difficile fare man bassa di premi, dischi d’oro e di platino. Album essenziali: voce, piano, qualche chitarra acustica, poco più. Questo brano è estratto da “Blue Banister”, uscito in autunno. Da notare, verso la fine, la sua voce che simula un breve assolo di chitarra. Lana Del Rey – Living Legend (2021)

I Gov’t Mule sono gli eredi “consanguinei” del southern rock: il leader, il chitarrista e cantante Warren Haynes, aveva dato linfa alla seconda vita della Allman Brothers Band. Tanti i loro album (in studio e dal vivo) in più di un quarto di secolo di attività, ma era da quasi un lustro che non si facevano vivi. Tornano all’insegna del blues e padroni di questo pezzo sono i fiati e l’Hammond. Gov’t Mule – Hole in My Soul (2021)

Mi piaceva Billy Bragg negli anni ’80, armato di chitarra acustica contro la presunzione dell’era tatcheriana, insieme a tanti altri coetanei. Dopo la bella avventura di fine millennio con i Wilko è rimasto un po’ ai margini, ma adesso, dopo qualche anno di silenzio, è tornato con un album figlio del lockdown. Gli scarni brani tipici della sua produzione folk-oriented si alternano ad arrangiamenti più corposi. Billy Bragg – Reflection on the Mirth of Creativity (2021)

Gli orfani dei R.E.M. possono dare una possibilità di ascolto anche al nuovo album del romano Gianluca Divirgilio, che con la sigla Arctic Plateau dopo quasi un decennio arriva al secondo disco. Un prodotto piacevole, un ritorno a sonorità di fine anni ’80 che nel suo complesso raggiunge un buon equilibrio tra melodia e soluzioni creative, con qualche rimando anche agli Smiths e agli U2 di un tempo. Questo brano scorre bene dalla prima all’ultima nota. Arctic Plateau – Song of Shame (2021)

Terzo album solista per Jerry Cantrell, chitarrista e autore di pagine indimenticabili negli anni ’90 con gli Alice in Chains (tuttora in attività, sia pure falcidiati dalle sfrenatezze del rock). In effetti nella produzione di Cantrell non si fa fatica a immaginarlo al fianco del povero Layne Staley, anche perché ha mantenuto la sua tipica scrittura di brani per due voci. Al basso Duff McKagan (Gun ‘n’ Roses, Velvet Revolver, Jane’s Addiction). Jerry Cantrell – Had to Know (2021)

Quanta fatica scegliere un brano dall’album di Teresa James & The Rhythm Tramps, tanto suadente è la miscela di soul e blues che lo percorre nella sua interezza. La texana Teresa è moglie di Terry Wilson (bassista compagno di avventure di Eric Burdon e di tanti altri), ma la dozzina di album a sua firma ci fanno capire che non ha bisogno di raccomandazioni. Questo brano potrebbe uscire dal miglior repertorio di Eric Clapton. Teresa James & The Rhythm Tramps – Things Ain’t Like That (2021)

Rimaniamo in area roots d’oltreoceano con i meno noti Mean Old Fireman & the Cruel Engineers. Prendono il nome da un brano composto da un vecchio bluesman (Arthur Crudup) e poi portato a galla dai Fleetwood Mac era Peter Green. Slide guitar, piano, Hammond, sax, di nuovo la slide… qui si salta in allegria su un rassicurante tappeto rétro. Mean Old Fireman & the Cruel Engineers – Outrun the Blues (2021)

I Picturebooks, arrivano dalla Germania, un duo che pratica un rock blues fuori dai canoni tradizionali. “The Major Minor Collective” è già il loro settimo album, dalle sonorità discontinue, anche perché in ogni brano ospita vocalist diversi. In quello che ho scelto l’impronta è dell’arrabbiatissima Lzzy Hale, leader degli Halestrom, capaci di due album da top 10 negli Stati Uniti e di un Grammy Award. Picturebooks – Rebel (2021)

Esiste anche un prog svizzero. I Metamorphosis del leader Jean-Pierre Schenk (sei album in discografia), sono votati a un sound debitore dei Pink Floyd e dei Marillion più tranquilli, ma in questo brano c’è qualche acuto in più. Metamorphosis – So Now What (2021)

Con Arthuan Rebis (pseudonimo di Alessandro Cucurnia) si vola alto. Polistrumentista e compositore, si tiene lontano dalle autostrade commerciali della musica: preferisce indagare gli angusti sentieri del folk nordico e del lontano Oriente, non disdegnando divagazioni medievali, barocche e chissà quanto altro ancora. Il debutto come solista arriva dopo una quindicina di anni di vari progetti discografici, collaborazioni con mostri sacri della nostra musica più ricercata (Claudio Rocchi, Paolo Tofani degli Area, Vincenzo Zitello…) e un migliaio di concerti in tutta Europa e anche oltre. Arthuan Rebis – Fairy Dance (2021)

Gli ultimi decenni di attività di Ritchie Blackmore, all’insegna di un lieve pop medievaleggiante, non sono certo i preferiti dai rockettari che hanno vissuto l’epopea dei Deep Purple. Facile prendersela – come sempre nel rock – con la determinazione della moglie Candice Night. Ma in questa cover di Sarah Brightman con un po’ di pazienza si può anche trovare qualche sprazzo del tempo che fu. Blackmore’s Night – Second Element (2021)

Dopo il miele di Blackmore, chiudiamo con le note più coraggiose dei norvegesi Addiktio, trio strumentale giunto in autunno al suo secondo album. Oscillano tra metal, prog e un’attitudine che evoca in molti passaggi le sonorità di luminari della chitarra rock come Steve Vai e Joe Satriani. Addiktio – North (2021)

Se volete ascoltare questa playlist integralmente, cliccate sotto.

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