“Classic Rock… Today!” di Paolo Tolu. Puntata #11

Le proposte recenti in arrivo dalle multiformi contaminazioni del rock: hard e prog, psyco e garage, blues e folk… Turn it up!!! Su Spotify. Torna l’appuntamento mensile con le selezioni musicali di Paolo Tolu. Ormai è consuetudine che le playlist di Paolo vengano “visitate” da diversi paesi del mondo. La ricerca costante, la passione sconfinata per il rock e la buona musica in genere, il desiderio “tutto radiofonico” di condividere la musica con chi la ascolta e la ama, hanno prodotto anche questa volta un’ora abbondante di grandi emozioni. “Classic Rock… Today!” di Paolo Tolu. Puntata #11. Su Spotify.

Cediamo la tastiera del pc e il mixer a Paolo:

Cominciamo con il saltellante blues di Hubert Dorigatti: invece che nel delta del Mississippi, compone i suoi brani nel silenzio delle montagne dell’Alto Adige. È partito dalla tromba per poi passare alla chitarra, ha una formazione jazz, è passato attraverso importanti divagazioni folk, ma alla fine predilige appunto il blues, genere per il quale è stato anche nominato miglior musicista italiano. Nel suo album uscito in ottobre suona l’armonica il vogherese Fabrizio Poggi, ospite della playlist di ottobre.
Hubert Dorigatti – Mr. Nolan (2021)

Storia strana (ma non troppo), quella di Ben Cook, leader soprattutto dei No Warning, band hardcore canadese attiva nei primi anni 2000 e poi ancora di recente dopo un lungo stop. Cook negli ultimi tempi ha avviato un percorso solista sotto il nome d’arte di Young Duv, possiamo ipotizzare per sbarcare il lunario, visto che propone un fin troppo lieve britpop. Tra gli acuti, questo pezzo, ideale per chi proprio non si accontenta delle carriere soliste dei fratelli Gallagher.
Young Guv – Scam Likely (2022)

Damon & Naomi, da Boston, nelle acque placide del dream pop si erano giocati le prime carte all’epoca dei Galaxy 500, per mettersi poi in proprio ad avventura conclusa (e son già passati trent’anni…). Nell’album uscito a dicembre, la loro tipica atmosfera sognante è arricchita dalla chitarra del giapponese Michio Kurihara, con cui erano andati in tour prima della pandemia. In questo brano si mette in dialogo con il piano di Naomi.
Damon & Naomi – Midnight (2021)

Tra le pieghe più nascoste del mercato, estraiamo dal mucchio i giapponesi Mono, che in realtà gli appassionati di post-rock ben conosceranno: in vent’anni hanno pubblicato una decina di album e le loro suggestioni strumentali sono molto apprezzate anche dal vivo, avendo girato in tutto il mondo. Fraseggi di chitarre per quattro minuti di viaggio siderale.
Mono – To See a World (2021)

Ghost, dalla Svezia, sono uno dei fenomeni metal del momento, almeno dal punto di vista commerciale. I loro album, senza brillare di troppa originalità, arrivano regolarmente in vetta nei vari paesi della Scandinavia, e soprattutto in tempi recenti hanno sfondato anche in Stati Uniti e Regno Unito. A metà marzo è uscito il quinto album. Al netto delle pacchianerie del look (un po’ Kiss, un po’ Mercyful Fate) e dei vari accorgimenti per attirare l’attenzione (anonimato dei componenti, anticlericalismo spinto…), si riesce comunque a trovare qualche buona vibrazione.
Ghost – Kaisarion (2022)

Rimaniamo in Svezia con gli Hardcore Superstar, esponenti di un hard rock più classico. Hanno già percorso una strada lunga un quarto di secolo, con una dozzina d’album in valigia. Il chitarrista, in formazione dal 2008, era stato tra i fondatori dei Crazy Lixx, ascoltati in queste playlist tre mesi fa. Il nuovo album è uscito a fine marzo, anticipato da vari singoli a partire da fine estate. Questa è una classica ballatona hard rock, tutta intermezzi acustici e cori ad effetto. 
Harcore Superstar – Fighter (2022)

Non è facile ascoltare per intero un album dei A Place to Bury Strangers, newyorkesi dediti a un post punk rumoroso tutto distorsioni, che neanche i Jesus & Mary Chain… Questo trio dal nome allegro si identifica con il chitarrista e cantante Oliver Ackermann: dopo vent’anni è l’unico membro originario e gli altri due sono di recentissima acquisizione. Il nuovo album uscito in febbraio presenta qualche episodio più accessibile. Questo non è il primo singolo, ma l’attacco di batteria riporta ai Joy Division, e tanto basta.
A Place to Bury Strangers – I Don’t Know How You Do It (2022)

Ambientazione prevalentemente acustica per Steve Gunn, arriva dalla Pennsylvania ma da tempo ha messo radici a Brooklin’. In questo brano di inizio autunno prevale il piano, col valore aggiunto di lievi tocchi di una chitarra quasi psichedelica. L’atmosfera ricorda un Van Morrison tra i più ispirati. Spero non vi piaccia troppo, perché in un lasso di tempo relativamente breve, Gunn ha messo la sua firma su una ventina di album, compresa una collaborazione a metà anni ’10 con Kurt Vile (fondatore di quei War on Drugs ascoltati in playlist pochi mesi fa).
Steve Gunn – Other You (2021)

Steve Vai è il maestro della sei corde, si sa: il suo è un mondo di assoluta perfezione formale, dalle sue dita escono suoni che la maggior parte dei chitarristi non è neppure in grado di immaginare. Dopo la vetrina creativa di Frank Zappa, i frutti commerciali migliori li ha colti negli anni ’80 al seguito di best seller come David Lee Roth e David Coverdale, e poi negli anni ’90 con le sue prove soliste. Questo è il brano del nuovo album che punta più sull’aspetto emotivo.
Steve Vai – Greenish Blues (2022)

Quanti tristi addii nel mondo del rock, eclatanti o silenziosi che siano. Tra questi ultimi, in ottobre se n’è andato l’inglese Pat Fish, da identificare negli ormai dimenticati Jazz Butcher (ricordiamoli almeno per aver ospitato David J dopo lo scioglimento dei Bauhaus). Per loro una quindicina di album concentrati quasi per intero nel frenetico periodo ’83-’95, un indie-pop in gran parte acustico, venato di folk e ironia. Per l’ultimo saluto in musica, uscito in febbraio, è ritornato l’antico nome.
The Jazz Butcher – Never Give Up (2022)

Pensavamo di averli persi per sempre, invece rieccoli qua: i Madrugada, dalla Norvegia, nel 2008 si erano arresi dopo la morte del chitarrista, ma una decina di anni dopo hanno prima deciso di celebrarsi ritornando sul palco, e adesso, sulle ali dell’entusiasmo, di uscire anche con un nuovo disco, mantenendo il loro tipico alternative rock dalle atmosfere languide. La voce profonda di Sivert Høyem vale qualunque attesa.
Madrugada – Running from the Love of Your Life (2022)

Messa da Padova rappresentano la nuova frontiera del metal italiano. Nuova in tutti i sensi: l’etichetta metallica per loro è strettissima, incorporando ampi elementi etnici e jazz. L’album uscito il mese scorso ne è una prova fin dalla copertina ed è terreno di caccia per esploratori coraggiosi. Questo brano dall’ampio respiro è più vicino a una scrittura rock tradizionale, alterna momenti di intenso lirismo a parentesi impetuose. La voce solista di Sara Bianchin merita tutti i sei minuti del brano.
Messa – Rubedo (2022)

Fa sempre piacere ritrovare antiche frequentazioni. Wolfgang Flür è stato percussionista dei Kraftwerk nel periodo di maggiori soddisfazioni commerciali (’74-’87) e dopo una decina di anni come arredatore (!) è tornato a fare musica con molta parsimonia, ma nell’ultimo periodo – all’alba dei 70 anni – con più intensità. Il mese scorso è uscito il suo secondo album solista (cui bisogna aggiungerne un altro collaborativo insieme agli U96), con forti richiami all’elettronica del gruppo tedesco d’origine. Tra gli ospiti alcune voci indimenticabili: Claudia Brücken dei Propaganda e, nel brano qui proposto, Midge Ure degli Ultravox.
Wolfgang Flür (feat. Midge Ure) – Das Beat (2022)

Dall’elettronica ai palchi polverosi. Viene da chiedersi perché uno dovrebbe scegliere di chiamarsi “Osso di pollo”, ma la risposta arriva facile dal blues festaiolo di Chickenbone Slim. Da San Diego, chitarra solista al femminile, quattro album in una manciata di anni, l’ultimo prima di Natale. Inizialmente ero tentato dall’attacco di chitarra e cow bell di “Hook Me Up” (“Honky Tonk Woman” è dietro l’angolo), ma poi mi ha ipnotizzato questo sguardo selvaggio.
Chickenbone Slim – Wild Eyed Woman (2021)

Molto ispirato, e per certi versi più impegnativo, il viaggio con un’altra band norvegese, i Kosmodome. L’album di debutto è uscito nelle ultime settimane del 2021, un prodotto che sfugge a catalogazioni rigide: un prog chitarristico venato di psichedelia che può anche sfociare – come negli ultimi minuti di questo brano – in un’aspettata coda etnico-tribale. Grande ritmo e grande spessore.
Kosmodome – Deadbeat (2021)

Volete trascorrere un’ora e undici minuti di grandi sensazioni? Cliccando qua sotto potete ascoltare tutta la playlist di Paolo Tolu. E non perdetevi le pillole che vi proporremo nei prossimi giorni.

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